Signore e Signori,
è per me un onore intervenire oggi alla Conferenza dell’ESE.
Come sapete, negli ultimi tempi l’Europa si è trovata ad affrontare la peggior crisi economica e finanziaria dagli anni ’30. La crescita resta debole e la disoccupazione si attesta su livelli inaccettabili, mentre si intravedono solo i primi germogli della ripresa.
Ma da queste difficoltà ha iniziato a emergere anche qualcosa di positivo. L’area dell’euro ha riconosciuto che, per la sua stabilità collettiva, deve rafforzare l’integrazione in alcuni ambiti e comincia ora a muoversi in questa direzione. Assistiamo oggi non tanto all’“audacia della speranza”, quanto all’“audacia della necessità”.
A mio avviso il mutamento più significativo in atto è rappresentato dalla costruzione dell’unione bancaria. L’unione monetaria necessita dell’unione bancaria, anche perché un settore bancario stabile è un complemento essenziale per una moneta solida. Pertanto, considero il progetto di unione bancaria il più importante passo verso l’integrazione dopo l’introduzione dell’euro.
Per coloro i quali, come noi, si occupano di vigilanza e di altre tematiche finanziarie, si è aperta una stagione davvero avvincente. Siamo giunti a ciò che i politologi definiscono uno “snodo critico”, ossia quel momento eccezionale in cui si presentano opportunità per ridisegnare nel profondo le istituzioni. Sembra di essere tornati a 25 anni fa, quando preparavamo l’UEM, l’Unione economica e monetaria.
Ma queste opportunità ci impongono anche una responsabilità, poiché potranno non ripresentarsi per diversi anni; quindi dobbiamo adoperarci affinché le decisioni che prendiamo oggi siano decisioni giuste. Ma soprattutto dobbiamo fare in modo che l’unione bancaria non sia solo un’etichetta, bensì l’avvio di un autentico cambiamento di regime nella vigilanza bancaria e nella risoluzione delle crisi degli enti creditizi.
Come conseguire questo mutamento di regime è l’argomento centrale del mio intervento di oggi.
Gli elementi del nuovo regime
A mio parere, un regime autenticamente nuovo deve comportare due elementi: anzitutto la creazione di un sistema unico per la vigilanza e la risoluzione delle crisi in ambito bancario e poi, una volta raggiunto questo traguardo, anche la realizzazione di un sistema più rigoroso.
Perché ci occorrono entrambi gli elementi?
Un sistema unico è necessario per assicurare condizioni di parità concorrenziale nel settore bancario in tutta Europa e quindi per creare un mercato finanziario europeo autenticamente unico. Già da 20 anni il mercato unico dovrebbe essere una realtà; tuttavia, in Europa il settore bancario resta ancora oggi frammentato lungo i confini nazionali. Gli svantaggi sono numerosi, non ultimi: la compromissione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, la maggiore esposizione delle banche a shock specifici dei singoli paesi e una più spiccata predilezione per gli strumenti nazionali nell’acquisto di titoli sovrani che rafforza il nesso tra banche e Stato.
Per citare un esempio di quanto siamo lungi dall’avere realizzato un mercato finanziario pienamente integrato, da uno studio recente emerge che dal 2005 al 2012 il numero medio annuo di fusioni e acquisizioni bancarie negli Stati Uniti è stato pari a 343, contro appena 58 in Europa. Una ragione va ricercata nella mancanza di un sistema unico di vigilanza e risoluzione delle crisi in Europa, che ha scoraggiato l’operatività transfrontaliera.
Ci occorre un sistema più rigoroso per far sì che, una volta predisposti i nuovi strumenti dell’unione bancaria, questi siano utilizzati in modo proattivo, ossia per dare vita a un settore bancario più forte e più stabile. In Europa la strada da percorrere per ristabilire la fiducia degli investitori nel settore bancario è ancora in salita. Ciò è in parte dovuto al fatto che il nostro approccio nei confronti delle banche non è coerentemente rigoroso, per quanto riguarda la trasparenza dei bilanci, il riconoscimento delle perdite e la risoluzione delle crisi.
Ne è prova la divergenza nel rapporto prezzo-valore contabile per le banche grandi e complesse all’interno e all’esterno dell’area dell’euro. All’esterno dell’area tale rapporto si colloca attualmente intorno a 1, mentre all’interno è appena 0,7; ciò significa che secondo il mercato il valore delle banche dell’area dell’euro è inferiore al valore contabile. Una ragione importante spiega questi dati: i paesi non partecipanti all’area dell’euro hanno compiuto progressi molto più rapidi nel riconoscimento delle perdite e nella risoluzione delle crisi di banche economicamente insostenibili.
La realizzazione di un regime autenticamente nuovo, per quanto concerne sia il sistema di vigilanza e risoluzione delle crisi sia la sua applicazione, potrebbe quindi produrre un effetto dirompente in Europa. Nel prossimo futuro è possibile che tale regime contribuisca ad accelerare il risanamento dei bilanci bancari e quindi a rilanciare il credito bancario. Nel medio periodo potrebbe incoraggiare lo sviluppo di banche genuinamente europee.
Come arrivare quindi alla creazione di questo nuovo regime?
La costruzione di un sistema unico
Inizierò dal primo elemento: la costruzione di un sistema unico. A mio parere, qualsiasi sistema per essere unico deve soddisfare due condizioni. In primo luogo deve sottostare a un sistema unico di norme. In secondo luogo, qualora tali norme prevedano un margine di discrezionalità, occorre un’autorità centrale che ne assicuri un’equa applicazione.
Un sistema di vigilanza unico
Nel campo della vigilanza al momento stiamo compiendo progressi in relazione a entrambe le condizioni.
In termini di norme, vige ormai un nuovo corpus legislativo per le banche di tutta Europa, che costituisce parte integrante della quarta direttiva sui requisiti patrimoniali. Nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico disporremo inoltre di un manuale unico di vigilanza applicabile a tutti gli istituti bancari, che disciplinerà aspetti quali la metodologia per il processo di revisione e valutazione prudenziale, i controlli a distanza e ispettivi, le valutazioni del rischio e la validazione dei modelli. In questo modo assicuriamo che gli stessi standard di vigilanza si applichino nell’intera unione bancaria e di fatto, attraverso l’armonizzazione con l’Autorità bancaria europea, nell’insieme dell’UE.
Sul piano del processo decisionale, stiamo rafforzando il centro attraverso l’integrazione della vigilanza a livello europeo e nazionale. In questo contesto un’innovazione di spicco sarà rappresentata dalle squadre di vigilanza congiunte, costituite da esperti sia della BCE sia delle autorità nazionali competenti. A ciascun gruppo bancario significativo sotto la vigilanza diretta del meccanismo unico sarà assegnata una squadra, che farà capo a un coordinatore della BCE. Ciò assicura un approccio collettivo e la presenza costante di un elemento europeo nel processo decisionale. Di fatto, la responsabilità ultima delle decisioni spetterà alla BCE.
La creazione di un sistema di vigilanza unico integrato rappresenta, naturalmente, una sfida importante sul piano organizzativo. Siamo impegnati a riunire 17 o più autorità di vigilanza di paesi diversi, con culture operative e filosofie distinte, all’interno di un meccanismo unico ispirato da una sola cultura e da una sola filosofia. La stessa BCE procederà all’assunzione diretta in organico di circa 1.000 unità, di cui pressappoco 750 destinate alla vigilanza. Ci occorrerà quindi del tempo per raggiungere la velocità di crociera.
Si prevede che il regolamento sul meccanismo di vigilanza unico entri in vigore a inizio novembre; in vista di ciò, ci apprestiamo a pubblicare l’annuncio di posto vacante per la Presidenza del Consiglio di vigilanza, al quale faranno seguito annunci per i più alti ruoli dirigenziali del meccanismo (cioè i quattro direttori generali dei dipartimenti principali e i sei vicedirettori generali). Gli annunci per le posizioni dirigenziali intermedie saranno pubblicati qualche settimana più tardi e poi, a cascata, si darà inizio alla selezione generale del personale. Dobbiamo predisporre la struttura organizzativa di base per l’esame della qualità delle attività sul finire del primo trimestre del 2014.
Colgo l’occasione per illustrare brevemente come prevediamo di articolare la struttura organizzativa del meccanismo di vigilanza unico.
Il meccanismo sarà dotato di quattro direzioni generali e di una Divisione Segretariato. Due delle direzioni generali (DG Vigilanza microprudenziale I e II) svolgeranno la vigilanza diretta su base giornaliera delle banche significative. La ripartizione delle competenze di vigilanza fra i due dipartimenti sarà effettuata sostanzialmente in base a criteri di rischio, in vista di una loro specializzazione in termini di esposizione al rischio, complessità e modello societario degli enti creditizi.
Alla terza direzione generale (DG Vigilanza microprudenziale III) farà capo la conduzione della vigilanza indiretta sui gruppi bancari meno significativi. La vigilanza diretta su base giornaliera di tali istituti resterà appannaggio delle rispettive autorità nazionali competenti, che riferiranno regolarmente alla BCE.
Alla quarta direzione generale (DG Vigilanza microprudenziale IV) saranno affidate funzioni di vigilanza orizzontale e competenze specialistiche, quali l’assicurazione della qualità della vigilanza, lo sviluppo delle metodologie e degli standard, l’applicazione delle norme e le sanzioni, la gestione delle crisi, l’analisi del rischio dei mercati dei capitali e la validazione dei modelli.
Nel quadro dell’assetto organizzativo il livello dirigenziale intermedio, gerarchicamente inferiore a quello di direttore generale, comprenderà capidivisione, capisezione e consiglieri di grado superiore; fra questi saranno designati i coordinatori delle squadre di vigilanza congiunte.
Vorrei anche accennare a come prevediamo l’attività concreta e l’organizzazione dei controlli a distanza e delle ispezioni in loco.
Alle squadre di vigilanza congiunte è affidata la vigilanza giornaliera delle banche significative; le squadre propongono ispezioni, alle quali partecipano senza guidare la loro conduzione, compito che spetta al capo missione. Il capo missione è nominato dal Direttore generale con competenze orizzontali (cioè della DG Vigilanza microprudenziale IV), in altre parole dalla BCE. In genere le squadre incaricate delle ispezioni in loco sono guidate da esperti dell’autorità nazionale competente. Ciò non preclude tuttavia la possibilità che la BCE assuma questo ruolo.
Le squadre di vigilanza congiunte predispongono le raccomandazioni, guidano la riunione conclusiva dell’ispezione presso un ente creditizio e si occupano di dare seguito alle raccomandazioni.
La DG con competenze orizzontali è deputata alla metodologia delle ispezioni in loco; provvede inoltre alla pianificazione di queste ultime presso le banche significative con cadenza annuale e aggiorna il piano di ispezione generale su base semestrale.
Le ispezioni in loco sono indagini specifiche approfondite concernenti i rischi, i sistemi di controllo dei rischi e la governance; rispondono a linee prestabilite in termini di portata, calendario e risorse e si avvalgono di tecniche di indagine e ispezione atte a verificare i sistemi di controllo e le procedure di convalida, in applicazione di standard comuni.
Seguono procedure specifiche e sono condotte in maniera indipendente (rispetto alla squadra di vigilanza congiunta, all’autorità nazionale competente e all’ente creditizio sottoposto a ispezione). L’esito di un’ispezione in loco sarà una relazione contenente i risultati e una sintesi.
Un sistema unico di risoluzione delle crisi
Altrettanto importante di un sistema di vigilanza unico è un sistema unico di risoluzione delle crisi. Le banche – e i creditori che vi investono – hanno bisogno di sapere quale trattamento devono aspettarsi nel corso e al termine della loro esistenza. Anche in questo caso è quindi essenziale disporre di un corpus legislativo unico e di un’autorità centrale che ne possa assicurare l’applicazione.
Il corpus unico di norme per la risoluzione delle crisi (ossia la direttiva in materia di risanamento e risoluzione delle crisi) è già stato concordato dal Consiglio dell’Unione europea e al momento è al vaglio del Parlamento europeo.
In linea di principio accolgo con soddisfazione questa direttiva, in quanto comporta un ampio miglioramento dello status quo. Poiché prima della crisi erano molto pochi i paesi dotati di regimi di risoluzione, gli approcci seguiti a livello nazionale sono risultati specifici e incoerenti.
In questa direttiva ravviso tuttavia una carenza nella discrezionalità che ancora concede alle autorità nazionali di risoluzione per quanto concerne l’esenzione di alcune classi di passività dalle procedure di salvataggio interno (cioè dal bail-in). Dal mio punto di vista ciò non favorisce la costruzione di un sistema unico, lasciando troppa incertezza riguardo alle modalità di applicazione delle procedure di salvataggio interno.
Si può ad esempio immaginare una situazione in cui una particolare categoria di investitori sia esclusa dal bail-in per considerazioni di politica economica nazionale. Oppure può accadere che paesi più grandi con più risorse da destinare alla risoluzione delle crisi siano nella posizione di escludere un maggior numero di creditori rispetto ai paesi più piccoli. Gli investitori saranno costretti a cercare di anticipare tali questioni.
Date queste premesse, acquista ancora più importanza un’autorità che possa assumere decisioni a livello centrale. Se ci sarà discrezionalità nelle modalità di applicazione delle norme che disciplinano la risoluzione delle crisi, allora dovremo far sì che tale discrezionalità sia esercitata allo stesso modo nei diversi paesi. Emergono quindi chiaramente le ragioni per le quali è necessario un meccanismo di risoluzione unico che sia forte e, più concretamente, perché tale meccanismo debba avere poteri decisionali indipendenti senza possibilità di veto nazionale.
Un meccanismo di risoluzione unico risulta essenziale anche per assicurare un approccio univoco nella risoluzione delle crisi di banche transfrontaliere. Suddividere il processo di risoluzione lungo i confini nazionali non si è dimostrato un modo efficiente per affrontare i problemi di coordinamento transfrontaliero e pervenire a una strategia complessiva di risoluzione al minor costo. Inoltre, in un sistema segmentato sono prevedibili prolungate diatribe sulla ripartizione degli oneri che possono soltanto ritardare il risanamento di una crisi.
Per affrontare il problema reputo imprescindibile che il meccanismo non si limiti a includere un’autorità di risoluzione unica, ma preveda anche un fondo di risoluzione unico. La proposta della Commissione relativa a un meccanismo di risoluzione unico contempla un fondo di questo tipo, finanziato mediante prelievi a carico delle banche private. In base alle stime della Commissione il suo valore raggiungerà circa 55 miliardi di euro entro il 2025.
In linea di principio sono favorevole a questa proposta. Tuttavia ritengo che nella fase di costituzione occorra chiarire cosa accadrebbe in caso di esaurimento delle risorse del fondo a seguito di circostanze eccezionali. La proposta non fa luce su questo punto. A mio avviso è indispensabile un meccanismo di sostegno credibile per fare in modo che i costi di risoluzione possano essere separati dai bilanci nazionali.
In sintesi, un sistema può definirsi unico se dispone di un corpus unico di norme che possa essere applicato dal centro in modo equo. Siamo in marcia verso questo traguardo nel settore della vigilanza. Considero essenziale che lo stesso percorso sia concluso con successo anche per la risoluzione delle crisi. L’unione bancaria rappresenta, in ultima istanza, una via per istituire un mercato finanziario unico in cui le banche siano separate dallo Stato. Parafrasando Mervyn King, dobbiamo assicurare che le banche siano europee nella vita ed europee nella morte.
La costruzione di un sistema più rigoroso
Il secondo elemento di un regime autenticamente nuovo è la costruzione di un sistema più rigoroso. È essenziale emanare nuove norme e creare nuove istituzioni per la vigilanza e la risoluzione delle crisi delle banche. Ma altrettanto importante è farne uso in modo da rendere sensibilmente più forte e più stabile il settore bancario.
Come raggiungere questo traguardo?
Un nuovo approccio nel settore della vigilanza
Il primo elemento indispensabile è la volontà dei responsabili delle politiche di perseguire una maggiore trasparenza dei bilanci bancari in base agli standard comuni del meccanismo di vigilanza unico. Il regolamento sul meccanismo ci consente di muoverci in questa direzione, richiedendo una valutazione esaustiva delle banche che ricadranno sotto la vigilanza diretta della BCE. Ciò va oltre un puro esercizio contabile. Dobbiamo fare in modo che la valutazione sia rigorosa e gestita dal centro. Non serve a nulla un nuovo paio di occhiali se manca la volontà di aprire gli occhi.
Al momento progettiamo di includere tre elementi per rendere esaustivo il quadro di valutazione. Il primo elemento è una valutazione che metta in luce fattori generali di rischio (ad esempio di finanziamento e di liquidità). Il secondo elemento consiste in una valutazione del bilancio che prenda in esame la qualità delle attività, avvalendosi di verifiche su calcoli, qualifiche e valutazioni basate sul rischio in senso ampio nonché assicurando la qualità a livello centrale secondo una metodologia comune. A tal fine si farà ricorso alle competenze di consulenti esterni. Il terzo elemento è una prova di stress che applichi i risultati a uno scenario avverso.
I nessi tra valutazione del bilancio e prova di stress devono essere ancora definiti in dettaglio. Ma è chiaro che queste due componenti sono vasi comunicanti. Se la prima consiste in una disamina puntuale più approfondita, la seconda dovrà contemplare più elementi prospettici.
A seconda dell’esito di questo triplice esercizio, alcune banche potrebbero dover colmare un fabbisogno di capitale. Dal nostro punto di vista è molto importante, per la credibilità della valutazione, che la portata del processo resti ambiziosa; ciò richiede, ad esempio, la validazione dell’integrità dei dati.
Naturalmente dobbiamo prestare attenzione agli aspetti pratici che interessano le parti coinvolte nell’esercizio, comprese le banche. È importante che tutte le richieste di informazioni concernenti le banche siano chiaramente definite, completate, illustrate e veicolate agli istituti con largo anticipo rispetto alla data ufficiale di avvio. I formulari definitivi e le relative istruzioni per la compilazione non dovrebbero essere più ritoccati una volta iniziato l’inserimento dei dati per la valutazione del bilancio.
Ma non scenderemo a compromessi per quanto riguarda la portata e il rigore dell’esercizio.
Sarebbe nostra intenzione avviare l’esercizio, iniziando dalla determinazione dei portafogli di rischio, già entro la fine di quest’anno, ma resta ancora da vedere quando sarà completata la nomina del Consiglio di vigilanza. Confido che, una volta approvato il regolamento sul meccanismo di vigilanza unico, la BCE e il Parlamento europeo possano lavorare con spirito costruttivo alla nomina del Consiglio di vigilanza, assicurando in particolare l’adozione di una procedura accelerata per la designazione del presidente.
Una volta ottenuti i risultati della valutazione, i responsabili delle politiche dovranno anche dimostrare la volontà di affrontarne le conseguenze. Certo, le banche europee si trovano oggi in una posizione di maggior forza rispetto ad alcuni anni fa. In Spagna, ad esempio, gli istituti hanno accantonato 184 miliardi di euro, pari al 10,5% dei loro portafogli prestiti, e hanno raccolto 22 miliardi di euro a titolo di nuovo capitale di rischio dal 2008. Tuttavia, non possiamo escludere che l’esercizio metta in luce un fabbisogno di capitale. Per affrontare questa situazione sono indispensabili meccanismi di sostegno.
In assenza di tali meccanismi temo che l’esercizio finirebbe per mettere in scacco, sempre e comunque, il sistema bancario. Se i risultati rivelassero soltanto un modesto fabbisogno di capitale, i mercati penserebbero di essere stati tratti in inganno per risparmiare denaro pubblico. Se invece dovesse emergere un fabbisogno significativo, i mercati porrebbero in discussione le modalità di copertura, generando incertezza. In un caso e nell’altro si perderebbero i benefici della valutazione da noi auspicati in termini di fiducia.
Un nuovo approccio nella risoluzione delle crisi
Per realizzare un sistema più rigoroso, il secondo elemento indispensabile consiste in un nuovo modo di gestire le banche economicamente insostenibili.
Per cominciare, dobbiamo fare in modo di sfruttare appieno i nuovi poteri di risoluzione delle crisi. Poiché la maggior parte dei paesi europei non ha molta esperienza nella liquidazione degli istituti bancari, vi può essere una riluttanza a intraprendere procedure di risoluzione, mostrando acquiescenza nella vigilanza e concedendo alle banche tempi ancora più lunghi per ripristinare condizioni di sostenibilità economica. La BCE, in quanto autorità di vigilanza, svolge un ruolo importante nella prevenzione di un simile scenario.
Inoltre, per sfruttare appieno i poteri di risoluzione, sarebbe utile disporre di tutti gli elementi del nuovo quadro nello stesso momento. I poteri di vigilanza inerenti al meccanismo di vigilanza unico avranno effetto, in linea di massima, a partire da novembre 2014; nel gennaio 2015 si prevede che entri in vigore il quadro normativo della direttiva in materia di risanamento e risoluzione delle crisi e contemporaneamente dovrebbe diventare operativo il meccanismo di risoluzione unico. Tuttavia, stando a quanto concordato finora, le nuove disposizioni in materia di bail-in sarebbero applicabili soltanto a partire da gennaio 2018. Ciò significa che per un periodo di tre anni l’autorità di risoluzione non sarebbe in grado di ricorrere a uno dei suoi principali strumenti.
Per questa ragione sostengo l’anticipazione dell’entrata in vigore del bail-in. La direttiva deve essere ancora approvata dal Parlamento europeo; quindi, a mio parere, dovremmo sollecitare che la data di avvio sia anticipata al 2015, per disporre dell’intero strumentario di risoluzione sin dall’inizio, anziché ricorrere per analogia a un’applicazione estesa delle norme sugli aiuti di Stato.
Conclusioni
Mi appresto ora a concludere.
Nel mio intervento ho cercato di illustrare che il passaggio a un nuovo regime richiede due componenti: in primo luogo le giuste norme e istituzioni per dare vita a un sistema unico e, in secondo luogo, la volontà di avvalersi di tali norme e istituzioni in modo più rigoroso. Non si tratta soltanto di meccanismi ma di forma mentis.
Abbiamo già compiuto progressi incoraggianti, soprattutto per quanto riguarda il meccanismo di vigilanza unico. Ma la strada è ancora lunga e soltanto unendo le forze potremo raggiungere il traguardo. In ultima analisi, l’unione bancaria potrà segnare il passaggio a un nuovo regime soltanto grazie alla collaborazione e alla dedizione di, letteralmente, migliaia di legislatori, responsabili della regolamentazione e soggetti incaricati della vigilanza. Questo è per definizione un “lavoro di squadra”.
Nello stesso spirito, dobbiamo rafforzare il nostro comune impegno di formazione rivolto alle competenze di vigilanza. La European Supervisor Education Initiative può essere l’esempio di un approccio transfrontaliero congiunto da sviluppare e portare avanti.
Per me l’unione bancaria rappresenta la sfida dei nostri tempi. La crisi ci ha offerto un’opportunità di quelle che si presentano una volta nell’arco di una generazione: dare vita a un sistema bancario più sicuro, rafforzare la nostra unione monetaria e, realizzando ciò, portare avanti il processo storico dell’integrazione europea. Questa opportunità che ci si offre è un privilegio e la dobbiamo mettere a frutto.
Vi ringrazio per l’attenzione.